Maria Sole Ferragamo è a Firenze. La nostra intervista inizia con l’immagine dell’arte che si esprime nelle colline toscane. “Sono nel giardino di casa, immersa nella natura della campagna fiorentina, è qui che sto progettando la mia prossima creazione. Il processo creativo è sempre stato qualcosa di magico per me, qualcosa che mi ha sempre dato e che mi dà una gioia immensa. Si desidera e si crea con il cuore. È questo il legame stretto che ho con i miei gioielli.”
Come nasce la tua passione verso il mondo del gioiello?
Sono nata fortunata. Credo che ognuno di noi nasca con un’inclinazione, ma a volte la vita ti scorre davanti senza scoprirla. Io l’ho scoperta all’alba dei miei nove anni, quando mia madre mi regalò una scatola con al suo interno delle perline, un rocchetto di filo di rame e delle pinzette. Da quel momento ho iniziato a creare i miei primi gioielli e non mi sono mai fermata. Ricordo i sabati sera più belli come intere notti passate a lavorare alla luce della scrivania della mia camera. Complice della mia passione verso il mondo dell’arte, è stato anche l’essere cresciuta a Firenze in un ambiente creativo, ricco di cultura e di stimoli. Ogni estate, trascorrevo almeno due settimane a imparare il mestiere dei maestri artigiani della Salvatore Ferragamo. È anche grazie a quelle estati che oggi la mia passione è alimentata dal pensiero che, attraverso la manipolazione del materiale, la creazione finale possa essere un veicolo di amore.
Qual è stato il tuo percorso formativo?
Mi sono laureata in Architettura al Politecnico di Milano e ho deciso di proseguire i miei studi a Londra. È durante il Master in Design del Gioiello alla Central Saint Martins School che ho iniziato a riutilizzare pelli di altissima qualità, rimaste inutilizzate, trasformandole in gioielli e dando loro una nuova vita.
Cosa vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Il mio desiderio è riportare alla luce la bellezza nascosta delle cose abbandonate. C’è una bellezza silenziosa non solo nelle pelli ma in tutti i materiali che durante i processi manifatturieri vengono scartati, ed è quella bellezza che, attraverso l’intervento delle mani e della tecnica, io voglio condividere. Mi piace trasmettere gioia e stupore e vederli nello sguardo di chi osserva e indossa le mie creazioni. A volte chi le indossa per la prima volta si immagina siano fatte con altri materiali diversi dalla pelle e resta stupito dalla leggerezza e la morbidezza delle loro forme. C’è inoltre una componente valoriale storica molto forte che voglio trasmettere, ma reinterpretata in chiave moderna. Sono sempre stata affascinata dagli indumenti e dai gioielli del passato. Penso per esempio ai bustini elisabettiani. Dal passato alcune delle mie creazioni riprendono la forza, ma sostituisco il senso di costrizione che avevano quei bustini, con un senso di libertà che nasce dalla volontà di creare una sensazione di estremo comfort. Credo infatti che il gioiello abbia il potere di renderci liberi: sia attraverso l’espressione della nostra personalità che attraverso la sua vestibilità.
Esiste un gioiello al quale sei particolarmente affezionata?
Impossibile scegliere, come quando si chiede ad una madre il figlio prediletto. Tuttavia, amo gli orecchini. Sono molto leggeri e si dimentica di averli addosso anche se contribuiscono fortemente a caratterizzare l’outfit. Tirabaci sono i primi che ho ideato e continuo a crearli. Infatti, nessuna mia creazione prende vita in base ai trend del momento. Cerco di ideare dei pezzi che possano rimanere di moda anche quando la moda cambia, dando longevità ai modelli, variando invece spesso colori e finiture dei pellami, che dipendono da ciò che trovo a disposizione.
Quali sono le caratteristiche peculiari dei tuoi gioielli?
Ogni gioiello che creo è espressione di un processo creativo molto intenso, fatto di innumerevoli iterazioni. Un qualcosa di architettonicamente e accuratamente progettato, ma al tempo stesso vivo e organico. Realizzo personalmente il primo prototipo che viene poi riprodotto in serie limitata dai migliori maestri artigiani del territorio toscano, recuperando e trasformando pellami di alta qualità rimasti inutilizzati. Sono tutti oggetti di impatto, in grado di caratterizzare un look, ma in modo delicato ed elegante, visivamente ricco ma senza orpelli. Nella maggior parte dei casi riutilizzo la pelle così com’è; in altri casi vi faccio delle applicazioni, quali polvere di alluminio, foglia oro o lamine particolari. Faccio moltissima ricerca per conferire al materiale delle caratteristiche che in natura non ha, ad esempio rigidità o elasticità, per creare quell’effetto sorpresa e quello stupore nello sguardo di chi ne fa esperienza. Molti dei miei gioielli hanno diverse possibilità di utilizzo, una versatilità che non solo consente maggiori occasioni di uso, ma incoraggia un rapporto personale con chi li indossa.
C’è anche una forte componente sostenibile nei tuoi gioielli, come sei arrivata a perpetuare la scelta della sostenibilità?
Non è mai stata una questione di scelta, ma di responsabilità. Non vedo la sostenibilità come un traguardo, non lo è mai stato per me. Ho sempre sentito la sostenibilità come un commitment, un impegno costante che consiste nel porsi sempre nuove domande. Significa anche fare scelte consapevoli. Ed è questo che faccio attraverso il recupero delle pelli che vengono scartate – ovvero l’utilizzo di risorse già esistenti – e anche attraverso la collaborazione con le eccellenze del territorio toscano.
Come immagini SO-LE Studio in futuro?
Vorrei che SO-LE Studio fosse riconosciuto a livello internazionale per la creazione di innovazione e bellezza. Che collaborasse, come già sta facendo, con il mondo dell’arte, dei musei e della moda. Vorrei riuscire ad offrire una creatività sempre nuova e continuare a realizzare oggetti che seguono un’altissima qualità a discapito della quantità.