Il Grand Tour Virtuale
Introduzione e incontro con Giovanni Corvaja
Durante i mesi più difficili del Covid-19, un lungo lockdown ci ha fisicamente divisi. Il Grand Tour che fino a quel momento mi aveva portata in molte città italiane ad incontrare e conoscere personalmente le storie delle migliori eccellenze del nostro Made In Italy nel settore del gioiello, con l’avvento della quarantena mi ha portata ad una lunga riflessione. Non avevo nessuna intenzione di fermare questo viaggio perché avrebbe significato sminuire l’importanza che ha per me l’arte: libertà. Proprio in quei primi giorni mi è venuta in mente una frase di Marco Aurelio “il saggio stoico è libero in una prigione o in un castello, da schiavo o da re.” Da quel momento mi sono resa conto ancor più fortemente che non avevo più nessun tipo di impedimento, ho ricercato una libertà interiore che mi ha portata a continuare a viaggiare rendendo il Grand Tour virtuale. Attraverso dirette Instagram ho incontrato le migliori eccellenze. A partire dalla fase 1 dell’emergenza sono stata a Todi insieme a Giovanni Corvaja, a Vincenza insieme a Cleto Munari, a Lodi insieme a Gianni De Liguoro, a Valenza insieme a Silvia Grassi Damiani e a Lecce insieme a Gianni De Benedittis. Sono stati incontri di grande ispirazione.
Con questo viaggio virtuale ho voluto dare un messaggio di positività alle eccellenze italiane: la digitalizzazione che oggi è diventata fondamentale nelle nostre vite, ci ha permesso di continuare a progettare, incontrarci, vederci e confrontarci nonostante una separazione fisica forzata.
Di seguito condivido il taccuino del mio viaggio virtuale.
GIOVANNI CORVAJA – TODI
Giovanni Corvaja è a Todi, all’interno del suo atelier in un edificio medievale. Il racconto della sua storia inizia dalla sua infanzia a Padova. “Fin da bambino ho giocato con i metalli pesanti che trovavo nei laboratori dei miei genitori, ricercatori e professori di chimica. Mi sono ben presto appassionato ai metalli nobili. A undici anni chiesi a Santa Claus un kit per fondere l’argento e a 13 anni ho iniziato il mio vero e proprio studio dedicato all’arte e al gioiello.” Dopo gli anni di studio a Londra al Royal College of Art, nel 1992 decide di tornare a Padova per approfondire i suoi studi sull’arte orafa in Italia. I gioielli di Giovanni Corvaja sono stati esposti in numerosi musei di arte di fama internazionale come il Metropolitan museum di New York, il Dallas Museum of Art a Dallas, il Victoria & Albert Museum a Londra, il National Gallery of Australia a Canberra. All’interno del suo laboratorio, Corvaja crea gioielli che sono arte, combinando le sue due più grandi passioni e ricercando sempre un equilibrio tra esse: creare pezzi di arte in gioiello e fare una ricerca continua sui metalli nobili.
La creazione e la ricerca non sarebbero possibili per Giovanni se non si svolgessero sempre a contatto con la bellezza. “Sono sempre stato molto sensibile alla bellezza e anche a ciò che non lo è. La bellezza è qualcosa di molto personale e per me è importante, durante il processo di creazione, circondarmi di bellezza che significa circondarmi di cose che hanno un significato per me oltre che di ciò che reputo bello esteticamente. Oltre ad essere qualcosa di intimo e personale, credo che la bellezza sia qualcosa che si può assorbire fin da bambini con il tempo, per osmosi. Si tratta di connessioni e di percezioni.” Durante l’incontro Corvaja racconta del suo processo di creazione a partire dalla fusione del lingotto in oro o in platino, dando al metallo una vera e propria identità che va oltre l’oggetto materiale. “Il lingotto alle due estremità presenta due atomi. Quando il metallo viene tirato fino a raggiungere uno spessore di 1/5 della grandezza di un capello umano, gli atomi sono ancora connessi. È una connessione chimica e fisica. Vengono dislocati ma mai separati. Il mio lavoro non parla di addizione o sottrazione ma dislocamento, malleabilità. È un processo che per me è connesso ad un concetto e che è rispettoso verso la materia.”
La cosa che mi ha colpita oltre a questo concetto è l’interesse che l’artista ha verso i contrasti. “Nel tempo è diventata una sfida per me rendere il filo del metallo nobile sempre più sottile. I gioielli che creo racchiudono centinaia di chilometri di filo di oro o platino, ma lo spessore dei fili è sottilissimo ed arriva fino a 0.05 millimetri. Mi piace ricercare sempre il contrasto, facendo sì che la vastità e la piccolezza possano coesistere in un’unica realtà. In questa spilla, che richiama per forma e tecnica una esposta al Victoria & Albert Museum di Londra, il contrasto è dato dal pentagono in oro 22 carati che come se fosse una gabbia racchiude centinaia di migliaia di filamenti di platino che tengono insieme piccoli granuli di oro. La massa caotica interna alla spilla è in netto contrasto con la struttura esterna.”
Rimango colpita dal cuff bracelet realizzato da Giovanni. Anch’esso sintetizza una delle ricerche della sua arte: allungare il metallo prezioso al punto da renderlo talmente sottile che, il gioiello finale diviene tattile. Al tatto, talmente morbido che toccandolo, si ha la stessa sensazione di accarezzare la pelliccia di un animale. “Ho realizzato questo bracciale in 1250 ore di lavoro. È un bracciale il cui fur è composto da più di un milione di sottilissimi fili di oro 22 e 18 carati. I fili nel complesso raggiungono una lunghezza distanza di 68 chilometri. Lo spessore di ogni filamento è di circa 1/5 del capello umano.”
La passione di Giovanni è un elemento chiave del suo lavoro. Stiamo parlando di eccellenza quando ne descrive le caratteristiche citando la passione come un variabile fondamentale della sua definizione. “Eccellenza è per me un cocktail di ingredienti differenti. Nell’eccellenza ci sono elementi di competenza, idee, creatività e design, abilità nel trasformare l’idea nell’oggetto che è la tecnica. Vi è inoltre una componente emozionale molto importante che risiede nella passione. Credo che non sia possibile fare niente di eccellente senza che vi si metta il cuore”. Il nostro incontro si conclude con un’ultima domanda che riguarda il processo di ispirazione di Giovanni. “Il mio personale processo di ispirazione non è una pagina bianca da riempire. Esiste per me un momento per la creatività e un momento per la realizzazione dell’opera. Quando si è nella fase della creatività, occorre lasciare la mente totalmente libera alle distrazioni in modo che tutti gli impulsi possano entrarvi a farne parte. Quando invece è chiaro cosa realizzare, occorre concentrarsi al massimo. Io non ho mai avuto il problema di non sapere cosa fare, ma di non avere abbastanza tempo per fare tutto quello che vorrei fare.” Giovanni è nella fase creativa del suo processo di ispirazione. Ci salutiamo dai nostri devices. Lui torna a fondere i metalli che diventeranno centinaia di chilometri di filo continuo.