Sono le 10 e sono appena arrivata a Firenze.
Su Ponte Vecchio le botteghe iniziano ad aprire le vetrine.
I turisti in frotta si affacciano, si fermano, camminano sul ponte scattando fotografie con i selfie stick. Sono immobile sul ponte e la gente mi passa accanto velocemente senza vedermi.
C’è una fretta vertiginosa e mi chiedo cosa sia rimasto del ponte che i Medici resero il ponte dell’oro, il più prezioso del mondo. Mi fermo davanti al busto di Benvenuto Cellini, mi chiedo dov’è quella poesia, quel sentimento, quella maestria, il rumore dell’incassatore che nella sua bottega si accinge ad incastonare i diamanti per le signore di Firenze.
Finalmente lo so. Questa è la storia del mio incontro con Fratelli Piccini.
Fratelli Piccini nasce nel 1903 a Ponte Vecchio, è la storia di una famiglia che negli anni ha onorato e trasmesso il savoir-faire di Pirro, il suo fondatore ed Armando, il genio creativo della Maison, vincitore, a poco più di venti anni, del primo premio alla Biennale di Venezia nel 1936, ed il massimo riconoscimento all’International Diamond Award a New York nel 1958 e a Buenos Aires nel 1959.
Definiti gli ultimi gioiellieri di Ponte Vecchio dal giornalista Guy Trebay del New York Times, oggi questa storia vera vive attraverso le mani esperte degli orafi di Fratelli Piccini, in un sentimento puro verso la bellezza, un legame forte con la storia della famiglia ed una leadership tutta femminile, di Laura ed Elisa, la terza e la quarta generazione che, pur mantenendo un forte legame con lo storico savoir-faire della Maison, guardano al presente ed al futuro con sguardo visionario.
L’incontro con loro è stato per me veicolo di profonda ispirazione. Non ho soltanto ritrovato la magia di Ponte Vecchio, ma ho capito che le storie sono vere quando sono le persone ad essere autentiche. Quando chiedo ad Elisa Tozzi Piccini, CEO della Maison, la storia della sua famiglia, mi racconta del suo rapporto con Armando, fratello di suo nonno ma che lei chiamava zio. “Armando creava gioielli dal cuore e questo è quello che noi continuiamo a fare. In questo, mi sono trovata parte di un percorso naturale. Il lavoro che porta al dare vita a forme inanimate, scaturisce in un’emozione, qualcosa che continua a vivere in chi lo indossa. Per noi è importante creare un rapporto con i nostri clienti che siano italiani o stranieri, per questo molti di essi sono di terza generazione. Per noi il rapporto con loro è qualcosa di esclusivo, quando vendiamo un gioiello speriamo che l’emozione che abbiamo provato nel crearlo si trasmetta a chi lo indossa.” Elisa conclude paragonando il gioiello ad un bambino, “proprio come per un figlio, c’è un forte amore dietro ogni nostro gioiello ed è questo amore che ci porta poi a desiderare che faccia il suo percorso attraverso qualcun altro.”
La generosità di questo pensiero mi colpisce. Non stiamo più parlando di gioielli ma di qualcosa che va ben oltre. Elisa mi dice: “Mi piace ridare agli altri ciò che ricevo”, in occasione dei 115 anni dalla fondazione dell’azienda ha istituito un prestigioso premio ai giovani designer che vogliono avvicinarsi a questo mondo, il premio Armando Piccini, Heritage For The Future. “I giovani per me rappresentano il futuro, in tutti i settori, non solo nel nostro. Il credo nei giovani è qualcosa che ha sempre fatto parte di noi. Lo zio Armando aveva un laboratorio esterno dove insegnava le tecniche orafe ai giovani ragazzi, trasferendogli così il mestiere. Ho istituito questo premio per dare una continuità a questo heritage, alla maestria e all’artigianalità; ma anche per dare l’opportunità ai giovani di avvicinarsi a questo mondo, perché credo che questo mestiere può dare loro l’opportunità, se ci si avvicinano con passione, di tirarne fuori un lavoro che può riempire gli occhi e l’anima, oltre che fare qualcosa di bello, non solo per sé stessi, ma anche per gli altri.”
Chiedo ad Elisa come Fratelli Piccini porta avanti il processo di creazione. Gli input nascono da Laura ed Elisa, “ma ognuno di noi, mette del suo. Abbiamo tutti un modo diverso di sentire ed interpretare un gioiello, unendo il nostro sentire e la nostra passione: è così che nasce ogni gioiello”. Questa per me è leadership, mi viene in mente una citazione di Saint Exupéry “se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna dividere i compiti ed impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”. Proprio dopo questo pensiero incontro Carlotta, orafa professionista, cresciuta all’interno dell’atelier Fratelli Piccini dove ha imparato le tecniche orafe più raffinate. Le chiedo cosa significhi lavorare per Fratelli Piccini, su Ponte Vecchio, davanti al fiume Arno. “Essere circondata dalla bellezza è fonte di ispirazione ogni giorno, le opere d’arte entrano nelle nostre collezioni perché sono già perfette di per sé. Anche la vicinanza del fiume, che si percepisce sia in laboratorio che in gioielleria è importante. L’acqua che scorre è di per sé ispirazione, come i monumenti che si riflettono sul fiume creando forme indefinite”. Elisa supervisiona il processo creativo e mi mostra una spilla con un’acquamarina che si presenta proprio come è stata trovata in natura. “Noi partiamo dalla pietra, la preziosità dipende dalla loro unicità e dalla montatura unica e preziosa che creiamo per valorizzarla.” Prendo in mano la spilla, la maestria con la quale la montatura è stata creata è eccezionale, guardo il colore della pietra alla finestra con lo sfondo dell’Arno, il gioiello, realmente, diventa un tutt’uno con l’acqua che scorre. Chika al banco pietre è intenta a pesare diamanti e pietre preziose di tutti i colori. La più bella per me, una rarissima tormalina parahiba sulla quale Fratelli Piccini hanno costruito un anello floreale in titanio che sarà presto parte della collezione Piccini One.
Dal laboratorio scendo in gioielleria ed incontro la signora Laura, una donna elegante, distinta, con un forte carisma, proprio come Elisa. La signora Laura Piccini è l’unica gioielliera al mondo alla quale, durante le esposizioni internazionali di pietre e gioielli più importanti, i fornitori danno la possibilità di tenere le pietre con sé fino al giorno seguente, per permetterle di poterle vedere alla luce del sole e decidere se faranno parte della collezione di Fratelli Piccini. Pietre, incastonate in gioielli, che ben presto diventeranno pezzi unici.Chiedo alla signora Laura dove è nata la sua passione per questo mondo.“La passione mi è stata trasmessa dal nonno, il settimo di sette fratelli, cresciuto nell’atelier di Settepassi a Firenze. Dopo anni in laboratorio dove era stato a guardare le tecniche per impararle, il suo maestro gli chiese di mostrargli cosa aveva imparato. Fu lui a creare il diadema per la regina Elena e a 23 anni si mise per conto proprio. La mia passione deriva anche dallo zio Armando, era un grandissimo esperto di pietre preziose, mi portava sempre con sé quando le sceglieva. Lo zio non aveva figli ed il rapporto che avevo con lui era un rapporto molto speciale ed unico. – questo è il regalo che mi ha fatto per il mio matrimonio” La signora Laura mi mostra una collana con uno smeraldo inciso manualmente da Armando. Un pezzo di arte, unico, uno dei più belli che io abbia mai visto, la cui descrizione sarebbe riduttiva.
Il nostro incontro si conclude con un’immagine bellissima, la signora Laura è seduta alla sua scrivania, i diamanti che indossa brillano come i suoi occhi, mette al collo di Elisa, futuro della Maison, una preziosa collana.
Fratelli Piccini oggi ha un’importanza centrale nel mondo della vera eccellenza dell’alta gioielleria, oggi sempre più ricercata in quanto divenuta sempre più rara. In un’industria dominata da numeri, schemi e veicolata dalle leggi del business, Fratelli Piccini continua a ricercare il bello, a tutelare tecniche capaci di avvicinare l’alta gioielleria all’arte e trasmetterla ai giovani. Non c’è soltanto la storia, il know how, ma qualcosa di più profondo che ha attraversato le generazioni dal fondatore ad oggi. Un filo sottile, un filo d’oro che unisce il bello dentro l’anima e nella passione.
Grazie Fratelli Piccini.